venerdì, 02 giugno 2023

Legittimo il licenziamento del promoter che falsifica i report delle visite al cliente

Cassazione civile sezione lavoro, sentenza 5.8.2021 n. 22370

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE  SEZIONE LAVORO  

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BERRINO Umberto - Presidente - Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo - Consigliere - Dott. ARIENZO Rosa - Consigliere - Dott. LORITO Matilde - Consigliere - Dott. DE MARINIS Nicola - rel. Consigliere - 

ha pronunciato la seguente:  ORDINANZA 

sul ricorso 19728-2019 proposto da:  L.R.G., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato GIOVANNA SALZARULO; - ricorrente - contro METRO ITALIA CASH AND CARRY S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. CORRIDONI 23, presso lo studio degli avvocati ANDREA CELEBRANO e GIULIO CELEBRANO, che la rappresentano e difendono unitamente agli avvocati MARINA ESTER OLGIATI, SALVATORE TRIFIRO'; - controricorrente - avverso la sentenza n. 354/2019 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 18/04/2019 R.G.N. 92/19; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/01/2021 dal Consigliere Dott. DE MARINIS Nicola.



 RILEVATO

che, con sentenza del 18 aprile 2019, la Corte d'Appello di Firenze confermava la decisione resa dal Tribunale di Firenze e rigettava la domanda proposta da L.R.G. nei confronti della Metro Italia Cash and Carry S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatole per giusta causa motivata dall'infedele compilazione dei report per 7 giornate del luglio 2017 e dallo svolgimento nelle medesime giornate di attività private estranee alle mansioni;

che la decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto in rito irrilevante ai fini del verificarsi delle preclusioni e decadenze limitative del diritto di difesa del convenuto nel giudizio del lavoro l'essersi la Società datrice costituita, anziché nella fase sommaria introduttiva del giudizio secondo il rito Fornero, solo nella successiva opposizione all'ordinanza resa nella predetta prima fase, nel merito provato, almeno in parte, in base al principio di non contestazione, l'addebito relativo alla mancata effettuazione delle visite indicate nei report predisposti (24 clienti su 40), sussistente, nonostante la parzialità dell'accertamento dell'addebito contestato, la giusta causa, connotandosi gravemente l'infedele rappresentazione di attività esterne alla sede aziendale, in realtà non svoltesi, per l'intento di precostituirsi l'apparenza di un adempimento di fatto inesistente, al fine di eludere il controllo datoriale sulla regolarità dell'adempimento medesimo, così da integrare la violazione degli obblighi di fedeltà e diligenza idonea a ledere il vincolo fiduciario;

per la cassazione di tale decisione ricorre la L.R., affidando l'impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la Società;

che entrambe le parti hanno poi presentato memoria.

 CONSIDERATO

- che, con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c., imputa alla Corte territoriale l'erroneo apprezzamento della posizione processuale della ricorrente per aver ritenuto non contestato e dunque provato l'addebito relativo alle visite dichiarate ma non effettuate laddove, viceversa, tale contestazione era stata puntualmente sollevata dalla ricorrente con offerta della relativa prova;

- che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 132, comma 1, n. 4, comma 2 e art. 24 Cost., la ricorrente, in relazione all'error in procedendo lamentato con il motivo che precede, deduce la nullità della sentenza per vizio di motivazione, non recando l'impugnata sentenza alcuna argomentazione idonea ad illustrare il percorso logico-giuridico seguito dalla Corte territoriale e per non essere questo in ogni caso supportato da un accertamento istruttorio che consentisse anche di tener conto dell'eccepita inutilizzabilità dei riscontri investigativi su cui era essenzialmente basato il provvedimento, con conseguente lesione del diritto di difesa;

- che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 2104,21052106,2119,1455 e 2697 c.c., art. 24 Cost., L. n. 604 del 1966, art. 5, artt. 225 e 229 CCNL di categoria, la ricorrente nel ribadire la medesima censura circa la carenza di prova del fatto addebitato ne delinea l'incidenza sull'iter logico-argomentativo sotteso al complessivo giudizio espresso dalla Corte territoriale, sostenendone l'erroneità, stante l'inconfigurabilità di un inadempimento da parte della ricorrente degli obblighi contrattuali in rapporto al mancato accertamento di attività estranea alle mansioni affidate, al difetto di una programmazione dell'attività di visita alla clientela che consentisse di individuare eventuali carenze nell'esecuzione della stessa, carenze peraltro smentite dai risultati commerciali conseguiti nell'espletata attività di "promotrice", l'assenza di un intento doloso nell'irregolare predisposizione dei report e, pertanto, la non riconducibilità di tale condotta alle fattispecie di cui al codice disciplinare recato dal CCNL di categoria date dalla dolosa scritturazione delle presenze o dall'abuso di fiducia;

che tutti gli esposti motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi infondati, rivelandosi la censura di fondo sollevata dalla ricorrente, per cui la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto provato l'addebito contestato, consistente nell'omessa effettuazione da parte della ricorrente delle visite che viceversa risultano dalla stessa indicate come eseguite nei report consegnati alla Società, del tutto inconsistente ove posta a raffronto con quanto rilevato dalla Corte territoriale e non contestato neppure in questa sede dalla ricorrente con riguardo al non aver la medesima preso nei propri atti difensivi puntuale posizione rispetto al rilievo recato dalla sentenza di primo grado circa l'ammissione da parte della stessa ricorrente della mancata effettuazione delle visite a 24 clienti nominativamente individuati dei 40 indicati nei report delle giornate del 3, 4, 5, 6, 7, 17 e 18 luglio 2017, e, di conseguenza, parimenti inconsistenti le censure ulteriori che non si misurano con il percorso logico sulla base di questa premessa seguito dalla Corte territoriale Quarta ritenuto di poter attribuire rilevanza ai fini del giudizio all'inadempimento così accertato, dato dalla sola mancata effettuazione delle visite viceversa indicate come eseguite nei report, considerando, dunque, questi idonei ad integrare una falsa attestazione dell'attività eseguita; da ciò la stessa Corte territoriale fa discendere del tutto plausibilmente la lettura della condotta della ricorrente come preordinata a rappresentare un adempimento in realtà inesistente, volta, pertanto, dolosamente ad eludere il controllo datoriale e così connotata da quella gravità tale da pregiudicare l'affidabilità del datore sull'esatto adempimento delle prestazioni future ed idonea a sostenere l'invocata giusta causa;

- che, pertanto, il ricorso va rigettato;

- che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

 P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.250,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2021

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LaPrevidenza.it, 13/08/2021

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